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Conclusioni
In questi ultimi anni, dall’emanazione della legge n. 17/99, le Università
finalmente, hanno prestato maggiore attenzione ai bisogni degli
studenti disabili, perché sollecitate ad attivare servizi che consentano
di partecipare pienamente alla vita universitaria. In tal senso,
negli ultimi anni, l’Università di
Lecce si è impegnata a garantire l’integrazione degli studenti
disabili con varie iniziative e lo dimostra il fatto che il Ministero
ha raddoppiato il finanziamento per il numero e la qualità di iniziative
realizzate in un anno. Ma se è vero che i risultati raggiunti sono
soddisfacenti, è anche vero che si può e che si deve fare ancora
tanto per facilitare l’accesso dei disabili all’Università. Una
nota negativa è costituita dal fatto che i dati riguardanti gli
studenti immatricolati vengano forniti al Centro per l’Integrazione
con enorme ritardo, non consentendo così, una pianificazione degli
interventi in modo sufficientemente puntuale, lasciando in questo
modo che i nuovi immatricolati diversamente abili cadano nell’oblio
senza che nessuno possa fornire loro un valido supporto che consenta
di affrontare l’esperienza universitaria nel modo più idoneo. Vivendo
oggi nell’era “Hi-Tech” è inspiegabile come sia possibile conoscere
in tempo reale quanti siano i millimetri di pioggia a centinaia
di miglia da noi e non sia possibile conoscere le centinaia di disabili
che quotidianamente vivono a pochi millimetri dalla nostra realtà.
Tutto questo porta ad una grave conseguenza e ad una triste considerazione:
la conseguenza è che proprio nella fase di “start-up” di un nuovo
progetto di vita chi si dovrebbe occupare della loro accoglienza
è impossibilitato a farlo, la considerazione è che in questo modo
si violano anche i diritti dello studente disabile negando loro
la possibilità di avere pari opportunità. Il problema principale
che deriva da questa mancanza di tempestività è che lo studente,
come è emerso dai questionari, vedendosi “trascurato”, all’inizio
fatica ad avere fiducia nei confronti delle Istituzioni, limitando
in questo modo le possibilità di riuscita dell’azione dell’incolpevole
Centro, già poco conosciuto e radicato nella realtà del nostro Ateneo.
Per quanto riguarda il problema della “condivisione” dei dati è
abbastanza immediato voler suggerire un’anagrafe unica centralizzata
che contenga le informazioni comuni utili ai vari centri di competenza
dell’Università, potenziando il sistema informativo, in modo da
poter migliorare e velocizzare i servizi offerti dall’Ateneo. Il
problema della “diffusione” del Centro e delle sue iniziative, all’interno
del territorio universitario, potrebbe essere risolto creando delle
succursali nelle varie strutture, rendendo possibile in tal modo
un rapporto più diretto e immediato con i potenziali utenti. Questo,
però, implicherebbe un notevole aumento del personale specializzato
ed il potenziamento delle strutture, con la conseguente maggior
incidenza del capitolo “Integrazione” nel bilancio dell’Ateneo,
che in un’epoca di tagli e riforme, sembra essere quasi impossibile
da realizzare. Per aggirare l’ostacolo “bilancio” si potrebbe anche
agire diversamente, ad esempio attuando una strategia di “aiuto
per aiuto”. Infatti, già da tempo, l’Ateneo si preoccupa di dare
aiuti economici agli studenti attraverso un piano di lavoro che
si articola in 150 ore utilizzate solitamente per fornire collaborazione
agli Uffici Amministrativi. Parte di tali risorse potrebbero essere
meglio utilizzate presso il Centro, favorendo anche l’interazione
tra gli studenti disabili e non, contribuendo così alla concretizzazione
di rapporti facilitanti una piena integrazione. Questo anche in
considerazione del fatto che solo il 26,4%
degli studenti disabili, come dimostrano i risultati della ricerca
condotta, ha un consolidato rapporto di frequentazione con gli altri
colleghi universitari. Un altro “patto” di collaborazione potrebbe
essere instaurato con gli studenti diversamente abili “anziani”
che potrebbero fornire ampio supporto alle matricole. Cosa del tutto
fattibile, anche in ragione del fatto che la maggior parte di loro
dichiara di avere una forte tendenza ad aiutare chi ha bisogno.
Basterebbe soltanto fornire un adeguato supporto logistico ove gli
studenti possano incontrarsi, confrontarsi ed insieme collaborare
per il raggiungimento dei propri obiettivi. La continua cooperazione,
resa possibile anche dalle suddette iniziative, porterebbe a vivere
il mondo “disabilità” non come un pianeta lontano, ma come una realtà
tanto vicina quanto mescolata nella nostra quotidianità. Questo
contribuirebbe a spazzare via il demone che ancora in molti incute
terrore e discriminazione spianando così la strada alla costruzione
di un avveniristico unico mondo dove “disabilità” e “normalità”
si fondono senza distinzione alcuna e promuovono assieme lo sviluppo
umano valorizzando la particolarità-diversità di ogni individuo,
in quanto unico ed irripetibile. Forse la consapevolezza “globale”
di poter e saper agire ha fatto muovere già i primi passi verso
la costruzione di quell’idilliaco mondo proclamando così l’Anno
Europeo dei Disabili, che anche attraverso i principali canali di
comunicazione promuove campagne di sensibilizzazione e varie iniziative
ponendosi l’obbiettivo di aggiungere un altro tassello ad un mosaico
ancora povero. Infatti, dall’indagine condotta sulla percezione
della disabilità nella popolazione universitaria leccese risulta
che il solo sentire la parola “disabilità” mette a disagio e addirittura
spaventa. Allora si potrebbe non usarlo più e cambiare biglietto
da visita, così come suggerisce Claudio Imprudente, una persona
che ha lottato tanto, in questi anni, per ridurre l’handicap anche
attraverso una maggiore conoscenza diffusa nelle persone: “E’ come
se uno bussasse alla porta e vi dicesse: Buongiorno, sono una persona
non-abile”. Il biglietto da visita va cambiato, bisogna sottolineare
le abilità e non le disabilità [34]. La cultura
va cambiata e l’Università mi sembra il luogo ideale affinché questo
abbia inizio: potrebbe dare l’esempio sviluppando idonee ricerche
innanzitutto per adeguare sé stessa alle nuove prospettive. Si può
affermare, da quanto è emerso dall’indagine, che l’Università di
Lecce dovrebbe progettare una campagna di sensibilizzazione della
popolazione universitaria sul tema dell’integrazione, con l’obiettivo
di: accrescere la sensibilità collettiva sulla condizione dei disabili;
svolgere una funzione didattica- pedagogica; incentivare e disincentivare
comportamenti. Le attività della campagna di sensibilizzazione potrebbero
iniziare con una rassegna cinematografica sulla disabilità, con
un programma di concerti (di questo potrebbero occuparsene le Associazioni
Studentesche), con dei percorsi formativi sulle capacità relazionali
nell’approccio alle disabilità rivolti a docenti, studenti e al
personale tecnico amministrativo. Scopo, obiettivo e speranza di
questo lavoro è poter, a breve, sostituire l’istantanea, già ingiallita
e poco nitida e da troppo tempo esposta nella nostra “bacheca”,
con una bella foto dai colori vividi ed armoniosi. Compito e dovere
dell’Università e di noi tutti è saper sensibilizzare abbastanza
l’occhio del fotografo affinché riesca a catturare l’immagine tanto
ambita e desiderata di una piena ed effettiva integrazione.
[34]Canevaro A., Ianes D., Diversabilità, Erickson,2003, p.8.
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