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Strudenti Disabili All'Università

 Introduzione
 Cap.1 Trenta anni di integrazione
 Cap. 2 La legislazione italiana in materia d’integrazione scolastica e culturale
 Cap. 3 L’accoglienza degli studenti disabili nell’Ateneo leccese
 Cap. 4 Percezione della disabilità nella popolazione universitaria leccese
 Cap. 5 Analisi dell’integrazione degli studenti disabili dell’Università di Lecce
 Cap. 6 Le voci di alcuni studenti universitari disabili frequentanti l’Ateneo di Lecce
 Conclusioni
 Appendice A - Lettera di presentazione inviata con il testo del questionario
 Appendice B - Il Questionario
 Appendice C - Le brevi interviste a studenti e docenti
 Appendice D - Schema interviste
 Ringraziamenti
 Bibliografia

3.5 Intervista al prof. Luigi A. Santoro (Delegato del Rettore)

Il prof. Luigi Santoro è il Delegato del Rettore per le fasce deboli, figura attivata dalla Legge 104/92 e dalla successiva Legge n. 17/99 (integrazione e modifica della Legge-quadro). È responsabile da un anno della politica complessiva nei confronti delle fasce deboli che comprendono disabili, extracomunitari, studenti in carcere. Grazie a questo colloquio sono venuta a conoscenza di nuovi dati, ma soprattutto ho cercato di rilevare quali sono state le priorità stabilite dall’Università per ciò che concerne le problematiche legate all’handicap, l’atteggiamento, lo spirito che ha guidato ogni iniziativa. Dopo aver chiarito il proprio ruolo all’interno del Centro per l’Integrazione e aver illustrato gli strumenti con cui il servizio si presenta agli studenti, è stato affrontato il tema delle barriere architettoniche. La mia domanda è stata la seguente: “Avete elaborato un piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche?” Intervistato: “Si, finalmente siamo arrivati. Proprio in questi giorni sono stati realizzati scivoli e rampe un po’ dappertutto. Naturalmente ci sono grosse difficoltà per quanto riguarda i palazzi storici, quelli tipo gli Olivetani, dove non è possibile purtroppo fare degli interventi di tipo strutturale; questo è un grosso problema però è stata una scelta fatta qualche anno fa dall’Università di acquisire questi palazzi storici dopo il restauro. Purtroppo il restauro è conservativo, ma è giusto così….per cui i due diritti si scontrano. Stiamo cercando comunque di trovare delle soluzioni, ad esempio con delle rampe mobili”. Intervistatore: “Dunque, tranne gli Olivetani, tutte le altre strutture universitarie sono accessibili?” Il prof. Santoro: “Questo no. Per esempio non si può andare nel piano superiore del Codacci-Pisanelli dove c’è tra l’altro il Rettorato e gli uffici più importanti e questi sono problemi che bisogna affrontare”. L’Università di Lecce, quindi, non ha ancora risolto il problema delle barriere architettoniche. Sicuramente si è provveduto a risolvere i disagi più grossi, però da quello che mi è stato riferito dagli studenti che ho incontrato e da quello che io stessa ho potuto osservare ci sono edifici ritenuti accessibili a tutti ma che poi effettivamente non lo sono, perché presentano ancora piccoli ostacoli che comunque non vanno sottovalutati. Ciò che stupisce è che ad esempio il palazzo degli Olivetani, aperto a tutti il 24 maggio 1994 (secondo quanto mi è stato riferito dal Delegato per l’Edilizia) sia stato acquistato quando ormai la Legge-quadro era già entrata in vigore. Tale Legge impone che il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia e del certificato di agibilità e di abitabilità, per opere riguardanti edifici pubblici o aperti al pubblico sia condizionato all’accertamento, da parte della Commissione competente, del rispetto delle norme vigenti in tema di barriere architettoniche[28]. Intervistatore: “Oltre alle barriere architettoniche, sono presenti anche quelle psicologiche e sociali. Ci sono stati degli interventi a questo proposito?” Intervistato: “Questo era un programma di iniziative che aveva varato la prof.ssa Gelli e che si è rivelato non molto positivo, nel senso che sia il personale non docente che quello docente ha partecipato con scarsa affluenza”. Intervistatore: “In cosa consistevano questi incontri?”. Intervistato: “Erano degli incontri che venivano fatti per raccontare, per spiegare le iniziative del Centro. Io direi che ci sono due situazioni da chiarire: non è assolutamente vero che esista più sensibilità nelle Facoltà umanistiche e comunque i problemi esistono sia che si tratti di scienziati o umanisti. La seconda cosa da chiarire è che la sensibilizzazione non si crea attraverso la chiacchierata, ma attraverso la compartecipazione e attraverso la presa di coscienza da parte di tutti che i servizi fatti per i disabili poi sono utili anche alle persone non disabili. Questo credo che sia l’aspetto più interessante, più positivo”. Intervistatore: “E per quanto riguarda gli altri studenti?”. Intervistato: “Devo dire che non ci sono grossi problemi, gli studenti sono molto disponibili, ci sono state centinaia di risposte positive a quella nostra domanda all’atto dell’iscrizione. Io vedo una sensibilità straordinaria, sono stati fatti dei grossi passi in avanti. Queste non sono cose che si creano dalla sera alla mattina, è un lavoro lungo, è il risultato anche del lavoro che è stato fatto nelle scuole. Questo mi fa essere molto contento”. Un’altra domanda che è stata posta è la seguente: “Ci possono essere dei casi in cui adeguare la didattica diventa indispensabile. In questa Università è accaduto?”. Il prof. Santoro ha risposto così: “Non si può generalizzare un discorso di adeguamento delle metodologie didattiche, so che in questo momento l’unica possibilità che abbiamo, pragmatica, è quella di affrontare ogni singola situazione. Sicuramente è possibile fare dei passi avanti attraverso le nuove tecnologie”. Grazie ai dati che il Centro stesso mi ha fornito, ho potuto notare che su 250 studenti disabili, 142 hanno una disabilità superiore al 66%. Probabilmente potrebbero aver bisogno d’aiuto, ma solo la metà (70-80) si rivolge a questo servizio. Ho chiesto al prof. Santoro come si potrebbe commentare questo dato. La sua risposta è stata: “Non penso si tratti di diffidenza o sfiducia. Quando i numeri sono di queste dimensioni probabilmente ci sono ragioni diverse. Io sono propenso a credere che il rivolgersi al Centro sia dovuto al fatto che non si è risolto il problema in precedenza. Chi lo ha già risolto (attraverso iniziative di tipo familiare o amichevole) …anzi le dico sinceramente che una delle cose che cerchiamo di fare è proprio questo: l’ideale per me sarebbe che il Centro si suicidasse, nel senso che scomparisse. Noi cerchiamo di sollecitare il più possibile la deistituzionalizzazione del sostegno, cioè dovrebbe essere un fatto normale. Questi problemi esistono e finchè esistono come problemi vuol dire che non siamo arrivati alla soluzione. La diversità o le diversità ci sono perché le percepiamo come diversità”. La scomparsa del Centro significherebbe aver risolto tutti i problemi connessi all’handicap, quindi trovare disponibilità, un atteggiamento mentale aperto, sensibilità presso studenti e docenti. Questa riflessione mi ha portata a formulare un’altra domanda: “Pensa che attualmente lo studente disabile riesca a trovare tutto questo?”. Questa è stata la risposta: “Non sempre, anzi abbastanza di rado il docente è preparato, disposto ad ascoltare gli studenti. Il problema è più generale, riguarda tutti gli studenti. La struttura universitaria da un lato è anchilosata, dall’altra rischia di morire per eccesso di modernismo finto. Se alla presenza del PC, dello scanner o della stampante, corrispondesse un cambiamento in positivo dei rapporti tra docenti e studenti noi oggi staremmo in vetta alla classifica…Io sono convinto che il problema del disabile non esiste, è solo un’acutizzazione del problema del normale. Anche per questione di numeri lo studente trova spesso disattenzione o comunque il docente non può dedicargli molto tempo. Il problema della disabilità in questo caso, può essere usato in senso positivo per accelerare il cambiamento nei confronti dei docenti, delle strutture, dei tempi di formazione e degli strumenti”. L’intervista si è conclusa formulando la domanda: “L’Ateneo leccese, si è confrontato con altri Atenei italiani?” Il prof. Santoro ha risposto: “Esiste un luogo che è la CNUDD (Comitato di coordinamento nazionale dei Delegati alla disabilità) e ha sede presso la CRUI e lì c’è un confronto di esperienze, la possibilità di comunicare su problematiche specifiche. Io non credo che la logica del modello sia una logica utile, semmai bisognerebbe fare il contrario. Io credo, che la percezione della diversità sia legata a troppi fattori di natura culturale legata alle tradizioni, anche alla conformazione geografica di un territorio, è con questi che bisogna fare i conti e non con modelli astratti”.

[28] L. 104/92 art. 24 comma 4.





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Prima Pubblicazione: 23 luglio 2003
Ultimo Aggiornamento: 09 Ottobre 2007
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